L’Ultimo Incantesimo

1991 by abietto

Nella città di Altamir viveva un mago tanto colto e saggio da essere famoso in tutta Indùsia per la sua grande sapienza. Alastair, tale era il suo nome, veniva addirittura paragonato al grande Veredjonis.

Egli passava le sue giornate chiuso nella camera più alta di una torre di lucida pietra nera che aveva eretto con i suoi poteri arcani, studiando testi antichi quanto il mondo, miniati in linguaggi dimenticati che, forse, solo lui sapeva ancora comprendere.
Quando il sole sorgeva, Alastair era già sveglio nel suo laboratorio e conduceva ogni tipo di esperimento alchemico in un intrico di provette da cui esalavano fumi verdi o gialli, e quando giungeva la notte, a lungo ancora egli sostava a scrutare il cielo con il suo cannocchiale o a dialogare con i démoni delle tenebre.
Nelle segrete della sua torre erano imprigionati gli ultimi esemplari di Unicorni, di Basilischi, di Ippogrifi, Sfingi, Centauri e molti altri esseri che non avevano un nome, tanto erano antichi: si diceva che nella grotta più profonda dormisse il più vecchio dei Draghi Infernali.
La sua libreria era sempre tenuta ordinata da decine di famigli che lui stesso aveva evocato e che accrescevano la sua grande sapienza. Se l’occhio di un adepto avesse potuto scorrere sugli scaffali, si sarebbe spalancato di meraviglia leggendo titoli come I Manoscritti Pnakotici, Il Libro di Eibon, Le Rivelazioni di Glaaki, Il Libro di Lagash e l’empio Necronomicon. Sembravano fissare le stanze dalle loro rilegature in pelli o scaglie di belve pre-umane, dalle loro cerniere di platino o d’acciaio, dalle loro consunte pagine di carta pergamena.

Ed Alastair stesso aveva un aspetto che ricordava quei libri… Vecchio più del bosco di Krian ma forte come un giovane, con la pelle del viso raggrinzita tanto da sembrare anch’essa ricoperta di rune, in cui erano incastonati due occhi grigi, penetranti e intelligenti, che non mancavano di mettere un po’ a disagio il suo interlocutore.
Il volto era incorniciato da una lunga barba candida e il corpo da un manto di velluto nero ricamato di simboli magici argentati.
Ma nella sua sapienza, Alastair, era tormentato da un pensiero oscuro, da un’ossessione che l’aveva spinto lungo tutti quegli interminabili anni a interrogare le stelle, gli spiriti dell’aldilà, le viscere degli animali… la Verità. Egli ambiva più di ogni altra cosa conoscere la Verità. Non la verità che i Magri Notturni gli sussurravano all’orecchio nelle notti illuni, sbattendo silenziosi le loro ali grinzose; non la verità che gli raccontavano i viaggiatori di terre lontane; non la verità che la magia gli offriva… la Verità Suprema, l’unico grande interrogativo rimasto insoluto, lo scopo e il senso della vita stessa.
Accadde così, un giorno, che Alastair decise di intraprendere un lungo viaggio per andare a trovare il suo Maestro, l’unica persona che davvero meritasse il suo rispetto e la sua ammirazione; l’unico che lui considerasse superiore a sé in sapienza e saggezza.
Il Maestro era morto da secoli ma, nonostante ciò, Alastair s’incamminò con il suo famiglio preferito, un lemure dai grandi occhi castani, aggrappato alla sua spalla.
Gli anni passarono, e Alastair era sempre in viaggio. Aveva ingannato la Morte a lungo con il suo potere, ma neanche il più grande degli Stregoni Neri avrebbe potuto sconfiggerla in eterno, e Alastair non tardò ad accorgersi della sua seconda, indesiderata, compagna di viaggio e capì che presto sarebbe giunto al termine della sua vita.
Questo pensiero lo spronò ancor di più a sopportare le fatiche del viaggio: avrebbe, prima di morire, conosciuto quella Verità che aveva lungamente cercato invano.

Giunse infine in una grande pianura erbosa. Qua e là, come un silente monito a non disturbare il sonno dei più, si ergevano tumuli rocciosi ormai corrosi dagli anni e ricoperti anch’essi da erba e fiori.
Alastair si avvicinò al tumulo del suo maestro e prese a salmodiare un dolce canto in una lingua obliata. Subito una forma apparve di fronte a lui, sempre più nitida, finché poté riconoscere il suo Maestro che lo guardava con gli occhi saggi di un padre.
-Cosa ti ha spinto fin qui, giovane discepolo? - chiese il Maestro con una voce gentile che riecheggiava nella sua mente.
-Voglio conoscere ciò che ho cercato per centinaia di primavere, ciò per cui ho studiato ogni campo dello scibile umano, ciò per cui ho viaggiato nel tempo, nello spazio o al di là delle dimensioni. Voglio conoscere la Verità.

Il silenzio cadde nella valle.
Il Maestro, dopo qualche tempo che ad Alastair sembrò eterno, parlò: -Tu conosci i nomi di tutte le costellazioni, tu sai recitare migliaia di incantesimi, certamente conosci più idiomi di quanti io stesso non abbia saputo insegnarti, conosci gli arcani segreti dell’alchimia e degli elementi, hai asservito draghi e démoni e i tuoi poteri sono quasi paragonabili a quelli di un dio. Ma mi sai rivelare ciò che si cela nel cuore degli Uomini?
Lo spirito del Maestro scomparve e Alastair spirò mentre rifletteva su ciò che gli era stato detto. Nessuno sa se capì ciò che il Maestro aveva voluto dirgli, prima di morire.

Il lemure scese dalle spalle di Alastair e lo guardò tristemente.
-Povero padrone, - mormorò - il solenne voto che avevi fatto a te stesso ti aveva reso cieco. Hai lungamente cercato ciò che già conoscevi, dentro di te.
Gettò un ultimo sguardo sul corpo del padrone, poi spiegò un paio di insospettabili ali, e se ne volò via.

Posted in Racconti

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.

 
© 2000-2008 Abietti si Nasce Powered by Wordpress - ASN Theme by abietto based on the Minami theme.