Vita da Rappresentante

June 29th, 2006 by Pier Online

Le mirabolanti avventure di PierOnline

Esco, stamane di buon’ora, che il cielo promette solennemente di rendermi difficile la giornata. Avete presente quando assume quel colore viola scuro per comunicarti l’imminenza di un temporale? Oggi è venuta giù come ai tropici, quindi per un tempo limitatissimo. Per fortuna mi sono beccato solo pochi schizzi, un po’ come arrivare all’ultimo secondo ad un “party bukkake”, scoprire di essere l’ospite d’onore e rallegrarsi di essere in ritardo. Per fortuna gran parte dello scroscio è avvenuto mentre ero in metropolitana. Tragitto linea verde Cernusco sul Naviglio/Abbiategrasso. Poi la 79, due fermate diverse. Che precisione nella mio programma! C’è tutto… ad un certo punto mi soffermo sulla parte sottolineata e in grassetto.
Via Carlo Bazzi e Porta Lodovica. Sembra un pizzino destinato alla RAI quando cambia la maggioranza di governo…

Ma io so che non è così. So bene che si tratta del mio precisissimo programma e che lo seguirò con attenzione.

In metropolitana trasecolo (come dicono quelli che parlano bene, ma siccome in realtà parlo male sono lì che bofonchio maleparole pensando alla triste immagine del sottoscritto sotto la pioggia). In treno riprendo tra le mani la mappa che ogni buon rappresentante dovrebbe premurarsi di preparare prima delle visite ai clienti. È tutto precisato a dovere, niente da dire, fermate, tram, numeri di telefono, i nomi dei titolari con cui parlare… mi congratulo con me stesso per quanto sono smart, ma subito dopo concludo che se fossi veramente smart sarei in piscina a Miami con Kate Beckinsale che continua a dirmi quanto mi stima, e lo fa rimanendo sott’acqua…
Invece mi capita un enorme asiatico imbevuto di aglio e altre sostanze inopportune, proprio di fianco, che mi chiede con una certa inquietudine da quando la metropolitana arriva fino ad Abbiategrasso (!). Dura spiegargli che è il nome della piazza a dare il nome alla fermata. Sarebbe come scendere a Pasteur e trovare ad attenderci il premio nobel con la sua inseparabile provetta di fermenti. Niente. Non capisce e mi costringe a semplificare il mio linguaggio forbito, usando verbi all’infinito, ma non c’è problema… Sono abituato. Che diamine! Qualche fidanzata l’ho avuta anch’io. Mi hanno tutte mollato quando scoprivano che non ero Tarzan. Quello che è certo è che loro erano irritanti come scimmie, ma questa è un’altra storia…

All’altezza di Crescenzago estraggo il mio portatile con una certa esuberanza colpendo qualcosa di gommoso e ripugnante. Mi scuso con l’asiatico per averlo colpito in uno dei suoi numerosi menti. Lui sorride mostrando una dentatura che se fosse sulla settimana enigmistica sarebbe di tutto rispetto. Accendo il PC e provo per controllare un paio di cose. Una paio di reti wireless vengono rilevate immediatamente. Una si chiama “vieniabeccartiunvirus” (tutto vero, verificate) e l’altra invece ha una sequenza di numeri e basta. Mi attacco e rimango connesso fino a Garibaldi F.S. (e visto che non siete asiatici non occorre precisarvi che non lì c’è traccia né di lui né degli altri mille). Riesco addirittura a telefonare con Skype e al mio stupore si aggiunge lo sconcerto degli altri viaggiatori.

Poco dopo, dopo aver cambiato diversi mezzi e aver visitato una paio di clienti, eccomi in Via Vigevano. Sono in anticipo di mezz’ora sulla tabella di marcia, ma nel mio programma era previsto pure questo. Persino il pranzo nel miglior Kebap. Mi fermo per mangiare un ricco “Menù Piatto”, chiamato così perché il contenuto è depositato in un piatto (verificate voi stessi) e nel frattempo ricarico le batterie del PC attaccato alla presa di corrente del ristorante.

Tocca all’ultimo cliente. Entro in un negozio che resterà anonimo per motivi che capirete tra poco.
Mi accoglie un simpatico (!) commesso pelato sulla cui faccia qualcuno ha infierito con una sparachiodi calibro sei. Un regolamento di conti con il temibile clan dei ferramenta, è chiaro… ma non è stato un lavoro pulito. Non riesco a distinguere le espressioni del tipo che ho di fronte, ma la sua faccia è lì, da qualche parte, sotto uno strato di bulloni.
Lo so.
Quando parla tintinna.
È solo allora che, guardandomi intorno in cerca di sollievo, mi accorgo delle innumerevoli maschere di lattice che minacciose mi osservano dagli scaffali con uno sguardo penetrante… ma è un certo tipo di oggettistica sugli scaffali di fronte, e con le medesime penetranti potenzialità ad indurmi uno stato di agitazione.

Cosa può succedere ancora? Ecco che arriva un secondo commesso tatuato da paura che mi fa credere per un attimo di essere finito a Wellington in un dopolavoro Maori. Attendo la danza di guerra da un momento all’altro.

È una sciagura, un attimo fa ero con Kate Beckinsale in piscina e ora sono con la versione heavy metal dei Village People. Chiudo sbrigativamente la mia trattativa, spinto dai miei stupidi pregiudizi medio-borghesi recandomi alla più vicina e proletaria metropolitana. Le mie chiappe si stringono l’una verso l’altra con accelerazione infinita.

Kate dove sei?

È il mio onomastico… sto arrivando, aspettami in piscina.
Mi raccomando. Sott’acqua.

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