Il Filtro d’Amore

1998 by abietto

-…Così, ho seguito il consiglio di questa mia amica e ho deciso di venire da lei, Maestro. - Luigi si alzò leggermente dalla sedia per raggiungere il portacenere e diede un nervoso scossone alla sigaretta, fumata ormai quasi fino al filtro. Dall’altra parte del tavolo ingombro di libri, fogli sparsi, penne e occupato in parte da un computer portatile e da un bricco di caffé freddo semivuoto sedeva un vecchio cinese dall’aria assorta, con due occhi a fessura che all’apparenza sembravano incapaci di vedere ma che dopo qualche istante mettevano a disagio per la profondità e l’acutezza.
-Capisco. Dopo questo lungo racconto, però, quello che vorrei sapere è esattamente per quale motivo è venuto qui, signor Luigi. Cosa pensa che possa fare per lei?
-Beh, per la verità non lo so bene neanche io. Vede, il problema è che sembra proprio che non ci siano speranze con Elena. Siamo stati insieme così tanto tempo, ne abbiamo passate così tante e ora… Ora sembra che sia tutto finito, così, di botto. Non sono riuscito a sopportare il sospetto che mi tradisse e poi sono stato io stesso a tradirla. In fondo, che lei lo abbia fatto o meno ora non ha più nessuna importanza, dato che il nostro rapporto si è logorato così a lungo. Quando ho cominciato a frequentare Francesca era una cosa innocente, all’inizio io non pensavo affatto a fare nulla di sconveniente con lei. Non so come, insomma, ma dopo qualche mese siamo finiti a letto insieme e abbiamo continuato a farlo. Anche lei, in fondo, non è da biasimare: pensi che il suo ragazzo dopo anni di felice fidanzamento l’ha lasciata poco prima di spedire le partecipazioni per le nozze. È stato un duro colpo.
-Già, lo posso immaginare. Ma ancora non capisco con esattezza cosa vuole da me, signor Luigi. Forse posso farle frequentare un corso di meditazione trascendentale, che è tenuto da un mio fido collaboratore… Questo potrebbe senza dubbio aiutarla a comprendere meglio i suoi sentimenti e a prendere una decisione il più possibile definitiva. O forse, con qualche “seduta”, potrei io stesso darle qualche consiglio su ciò che è meglio per lei.
-Sì, sì, ho già fatto Yoga, ho frequentato dei corsi di alcuni gruppi “new age”, ho passato un po’ di tempo in una scuola di arti marziali tradizionali, ho fatto volontariato… Non so. Per qualche tempo ognuna di queste cose ha avuto effetti positivi, almeno così sembrava. Ma la realtà delle cose, quando si torna nella quotidianità, è così complessa che mi sembra di essere intrappolato in una ragnatela. Ogni volta c’è una scusa diversa e nuova per compiere vecchi errori, ogni volta si torna a discutere delle stesse cose senza venirne mai a capo… Proprio non so. Vede, questa mia amica mi ha parlato di lei in modo molto convincente. Mi ha detto che lei è anche un esperto di erbe e di medicamenti, di agopuntura, di, se così possiamo chiamarla, Magia Cinese…
Il vecchio professore strizzò gli occhi ancora di più, tanto che sembrava averli chiusi. -Lei crede nella magia, signor Luigi? Voglio dire… Questo per lei è un momento disperato e tutti gli uomini sono tentati di credere nella magia, o nel Dio dei Cristiani o in qualche altra forza superiore, quando sono disperati. Ma lei ci crede veramente?
-Diamine, non lo so… Credo di sì. Penso che tutte queste leggende e queste credenze popolari debbano pur avere una base concreta e solida. Forse ci sono fenomeni che la scienza odierna non è ancora riuscita a spiegare, come la telepatia o la psicometria… Sa, la capacità di “ricordare” la storia di una persona o i suoi pensieri anche dopo la sua morte toccando degli oggetti che le appartenevano…
-So benissimo cosa sono queste cose - disse il vecchio professore - e si tratta di fenomeni assolutamente naturali, che la scienza moderna li riconosca come tali oppure no. Per sua informazione, sia la CIA che il KGB hanno investito miliardi di dollari e di rubli per la sperimentazione su soggetti ritenuti ESPER di alto livello. Non credo che avrebbero buttato via i soldi dei contribuenti in quel modo se fossero tutte baggianate. Ma io non sto parlando di questo… Io sto parlando di magia.
Luigi rimase a lungo in silenzio a osservare il volto rugoso del vecchio, cercando di capire esattamente a cosa si riferisse. In fondo la domanda era molto semplice e la risposta avrebbe dovuto essere altrettanto semplice e diretta.
-Sì, Maestro. Ci credo.
-Molto bene. Quand’è così, forse ho qualcosa che può fare al caso suo.
Il Maestro si alzò e si avvicinò a una delle grandi librerie divise in scaffali polverosi che coprivano tutte le pareti della stanza, tranne quella dietro la scrivania che ospitava una grande finestra luminosa. Trafficò per qualche minuto tra libri, rotoli di pergamena dall’aria antica, cassetti scricchiolanti e ante cigolanti, fino a estrarre da una vecchia scatola con uno strano ideogramma disegnato sopra un sacchettino di velluto verde, anch’esso istoriato di simboli curiosi e del tutto estranei alle conoscenze di Luigi.
-Ecco, - disse il Maestro - questo è il rimedio al suo problema, ma dovrà farne un uso molto saggio e attento, signor Luigi.
Luigi aggrottò la fronte, fra il perplesso e il sospettoso, mentre apriva una mano per prendere il sacchetto che il vecchio cinese gli stava porgendo. - Di cosa si tratta? - disse.
-Oh, nulla di particolare. Un filtro d’amore.
L’espressione di Luigi passò dal sospettoso allo stupito, quindi quella di chi si rende conto troppo tardi di essere stato preso in giro. -Ah… Sì, capisco. Certo, come ho fatto a non capirlo prima! Un filtro d’amore, certo!
-Credevo che avesse appena ammesso di credere alla magia.
-Beh, c’è magia e magia… Credo in un certo tipo di magia, non nei trucchi da imbonitore da fiera. Evidentemente quella mia amica mi ha informato in modo un po’ troppo entusiastico.
-La sua amica, ora mi sembra di ricordarla, aveva avuto una frattura dell’anca e la rottura dell’perone della gamba destra, con frattura esposta di tibia. E se non ricordo male anche la rotula era fratturata.
-Sì, infatti, un brutto incidente. La gamba era rimasta accidentalmente schiacciata sotto dei tubi metallici caduti da un camion uscito di strada. Mai vista un’ingessatura come quella in vita mia, è rimasta a letto per mesi.
-E quando è uscita è venuta qui. Era in forte depressione perché avrebbe dovuto smettere di praticare arti marziali nella stessa scuola che ha frequentato anche lei per un po’, signor Luigi. E mi sembra che avesse anche un certo interesse per le danze moderne giapponesi…
-Il Buto, sì, infatti. Mi ha fatto una testa così con quella roba. Era molto depressa, è vero. E allora?
-Beh, mi sembra che non abbia dovuto smettere di frequentare nessuna delle attività fisiche a cui tanto teneva.
-Sì, infatti… Ma è una cosa completamente diversa, si tratta di un recupero eccezionale ma ho sentito di casi ancora più strani.
-Certo, ad esempio il Maestro di quella scuola di arti marziali. È stato lui a mandarla da me, e la ragazza in seguito lo ha detto a lei. Il povero Maestro era stato operato d’urgenza di ernia al disco e i medici gli avevano detto che non avrebbe mai più potuto insegnare…
-Sì, ho capito dove vuole arrivare. Sono venuti qui e lei li ha guariti contro ogni probabilità medica occidentale. Sono preparato per accettare una cosa del genere, si sa che le medicine tradizionali orientali spesso riescono dove l’aspirina e il bisturi non arrivano.
-Non si tratta di medicine. Si tratta di magia!
-Beh, allora facciamo finta che io creda davvero che quella che sto tenendo in mano è un’erba miracolosa che posso usare per fare una sorta di “pozione d’amore”: che cosa ci dovrei fare?
-Questo lo può decidere soltanto lei. Io le posso dire soltanto che chiunque berrà il filtro fatto con queste erbe la amerà in modo puro e incondizionato. Può decidere di farlo bere a Francesca, e lei la amerebbe dimenticando i suoi dolori passati, oppure può farlo bere a Elena, e lei tornerebbe senza più pensare ai propri tradimenti oppure ai suoi. O forse può darlo a qualcun altro…
-Beh, la situazione è abbastanza complicata anche così. Non mi viene in mente nessun altro a cui potrei farlo bere. Se questo è quanto, Maestro, si tratta soltanto di decidere che cosa voglio, non è così?
-E le sembra una cosa da poco, signor Luigi?

Luigi Raffaelli aveva ventisei anni. Gli piaceva scrivere e collaborava con alcune riviste di cinema e di letteratura, riuscendo a malapena a campare, tra i ritardi degli editori e le tasse. Coltivava un certo interesse per le culture orientali, e aveva molti amici con cui faceva tardi a bere birra, fumare come un turco e a cantare a squarciagola canzoni stonate con vecchie chitarre, in bettole di periferia. Era un ragazzo con molte aspirazioni, ma talvolta gli mancava la costanza di perseguirle fino in fondo, di tentare di realizzarle, e come molti, veniva attratto da ciò che non aveva, da ciò che gli rifuggiva.
A maggior ragione, questo era vero in amore. Elena era la storia della sua vita, il dolce porto che si vede in lontananza quando si torna a casa da un lungo viaggio, oltre l’ultima onda. Aveva passato con lei momenti difficili e i loro caratteri, entrambi aggressivi e complessi, li avevano spesso portati a litigare, fino all’orlo della separazione, e talvolta anche oltre. Poi tornavano insieme per riscoprire le stesse incomprensioni e gli stessi difetti e lasciarsi nuovamente. Questa altalena emozionale era andata avanti per diversi anni, finché, stanco e depresso, sospettoso di essere tradito dagli atteggiamenti ambigui di Elena, Luigi aveva riscoperto l’amore grazie a Francesca. Questa ragazza, dolce e quasi materna, aveva riversato su di lui tutto ciò che non aveva potuto avere nei precedenti anni di rapporto con un compagno troppo egoista. All’inizio era stato bello per Luigi stare con qualcuno che si prendesse cura di lui, dopo che lui stesso si era preso cura per molto tempo di Elena, ma poi aveva cominciato a rendersi conto che il loro rapporto era un tradimento di rimbalzo, una forma di compensazione, di contrappasso. Erano come due ombre proiettate su un muro, la cui esistenza sarebbe stata impossibile senza la luce delle esperienze negative precedenti. Non si trattava di un rapporto vero e concreto, reale, stabile, indipendente, che potesse andare avanti con le proprie gambe. Era una sorta di gioco a chi ha ricevuto più ferite dalla vita, e si faceva a turno per assumere il ruolo dell’infermiera e del paziente.

La sera dopo aver visto il Maestro cinese, Luigi aveva un appuntamento con Elena. Si erano lasciati, per l’ennesima volta, e sembrava che la cosa dovesse essere definitiva. Questa particolare situazione vedeva Elena nella parte di chi ha perso interesse e, quasi di conseguenza, Luigi nella parte dell’ex-amante tradito e deluso. La discussione, a cena, in una trattoria toscana, si dilungò su particolari frivoli più o meno fino all’arrivo dei secondi, grazie a un gioco perfetto ed estremamente raffinato di posizionamento strategico dei pezzi che avrebbero permesso, nella seconda parte, l’apertura delle ostilità in pompa magna, proprio come in una partita a scacchi che si rispetti. Il “via” lo diede proprio Elena, quando chiese, con aria falsamente innocente a Luigi - Ah, com’è andata poi da quel cinese?
-Bene, bene. Gli ho parlato un po’ della mia situazione e lui ha cercato di trovare qualche rimedio per questa schifosa depressione.
-Sai, mi dispiace molto che tu ti senta in questo modo. Forse non dovremo più vederci così, voglio dire… Da soli.
-Lo sai come la penso, Elena. Tanto sto male comunque. In questo momento sono molto disorientato da tutto questo casino e non credo di essere in grado di prendere una decisione ferma e di costringermi a rispettarla. Tu, poi, non è che mi dai proprio una mano.
-Cosa vorresti dire? Prima mi inviti a cena e poi affermi che non avrei dovuto accettare? Se avessi detto di no probabilmente mi avresti fatto una scenata al telefono.
-Guarda che sei stata tu che mi hai fatto una scenata al telefono l’altro venerdì, quando non avevo voglia di vederti.
-Certo, perché tu pretendi di uscire con tutti i nostri amici, di andare al cinema o chissà dove… E dato che non hai voglia di vedermi io dovrei rimanermene chiusa in casa.
-Puoi sempre uscire con quell’altro!
-Già, perché adesso Fabio è diventato quell’altro! E allora la tua “altra” dov’è adesso? O ha un “altro” anche lei?
-Complimenti per il tatto, tesoro. Prego, prego, affonda pure il coltello. Tanto cosa te ne frega di ciò che mi ha spinto a fare quello che ho fatto.
-Ah, certo! Tutti hanno una giustificazione, se vogliono trovarla.
-Tu no.
-Sì, eccome che ce l’ho. Tu mi davi sempre per scontata. Beh, come vedi non lo sono affatto.
-Se è per convincermi di questo che mi hai lasciato e che sostieni malignamente di non amarmi più, allora ci sei riuscita completamente. Torniamo insieme.
-Basta con questi discorsi. Ne abbiamo già parlato. È inutile, tanto tu mi feriresti di nuovo come hai già fatto in passato.
-E per quanto tempo dovrò pagare le colpe dei padri?
-Io non ti voglio far pagare nessuna colpa, idiota! Cosa credi, che sia il Credito Commerciale, che arrivi, apri un conto e quando vuoi chiuderlo vieni alla cassa? E poi io non “affermo malignamente” di non essere più innamorata di te. Non lo sono e basta.
-Dev’essere per questo che ieri mi hai chiamato alle dieci di sera e hai messo giù il telefono alle sei e mezzo del mattino. Oltretutto lo sai che io lavoro in quegli orari, dato che per le riviste spesso gli articoli arrivano all’ultimo momento…
-Sì, certo. Diciamo piuttosto che sei un fallito che non ha voglia di fare un cazzo dalla mattina alla sera e che si riduce a lavorare la notte prima di consegnare gli articoli, come facevi a scuola prima delle interrogazioni.
-Ma chi cazzo credi di essere tu per giudicare il mio lavoro? Cos’è che fai? Paleoantropoetnologia? E gli sbocchi professionali quali sarebbero? Andare a fare le seghe a qualche burundi in Africa? O vorresti passare il tuo tempo da “persona adulta” a farti fare il “grooming” da qualche gorilla? No, perché a uscire con Fabio ci sei vicina già adesso!
-Vaffanculo.
-Uno a zero palla al centro.
-Vaffanculo due volte. Quando non sai più che cazzo dire offendi.
-Senti chi parla! Chi è che ha nominato la parola “fallito” per primo, nella discussione?
-Questa non è un’offesa, è la pura verità.
Luigi, a quel punto, si ricordò del filtro che portava nella tasca della giacca. Rimase in silenzio per qualche minuto. La storia con Elena era evidentemente finita, era ora di rendersene conto e di tirare avanti. Pensò a Francesca. Forse avrebbe potuto costruire qualcosa di concreto con lei, nonostante tutto. Era inutile starci su a pensare troppo, tanto… Sarebbe bastato versare le erbe nel bicchiere di vino, mentre Elena andava alla toilette per risolvere il problema una volta per tutte. Niente più litigi, niente più mollarsi e rimettersi insieme, niente più amici esausti dai loro continui contrasti… Già, ma allora Francesca? Forse avrebbe continuato a tradire Elena anche dopo questa piccola “magia”. Anzi, forse sarebbe stato più facile, dato che lei, invece, lo avrebbe amato in modo puro e incondizionato.
Alla fine disse: -Sai, la cosa divertente è che non so nemmeno che cazzo sto qui a parlare con te. Se volessi, tu potresti innamorarti di nuovo di me per sempre, anche questa sera stessa.
-Davvero? - La maschera ironica di Elena aveva una smagliatura di preoccupazione ai bordi delle labbra.
-Già. Ma, vedi. Si dà il caso che non lo voglia. Non mi vuoi più? Bene, vai pure a fare in culo con Fabio e divertiti a roderti l’anima. Tanto lo sappiamo tutti e due che fra qualche mese tornerai strisciando, non appena ti renderai conto che me ne sono andato per davvero.
-Se lo pensi veramente… - Luigi sbagliava o non c’era più tanta sicumera e determinazione nella sua voce?
-Già, lo penso veramente. E sai cosa penso, anche? Che questo tuo continuo spingere via la gente per metterla alla prova e vedere quanto ci tiene davvero a starti vicino sta rompendo i coglioni a tutti. Per quanto uno voglia starti vicino, se continui a spingere, prima o poi si stancherà e deciderà di andarsene per sempre. Prima o poi ti ritroverai sola e incapace di amare.
-Io non sono incapace di amare! Sei tu che sei incapace di amarti, quindi come può qualcuno innamorarsi davvero di te! Non so nemmeno per quale motivo sia stata tanto tempo insieme a un autolesionista masochista simile! E poi, guarda che il primo che spinge via la gente per metterla alla prova sei tu!
Nel frattempo era arrivato il cameriere a portare il conto. Alcune frasi erano state pronunciate a un volume un po’ troppo alto, e alcuni avventori del locale si erano girati, vistosamente infastiditi dalla discussione. Luigi ed Elena, senza più parlare e con musi lunghi, uscirono da locale. Entrambi giurarono che non si sarebbero più visti in quel modo. Entrambi stavano giurando qualcosa che, molto probabilmente, non avrebbero potuto mantenere.

Era evidente che non avrebbero mai potuto andare avanti così. Se Elena, dopo tre anni di rapporto intenso, contraddittorio e conflittuale, ma vero e profondo con Luigi, preferiva passare il suo tempo a flirtare con Fabio, che era indeciso fra lei e la sua ex-fidanzata (e nel frattempo se ne approfittava andando a letto con tutt’e due), tanto peggio per lei. In fondo, Luigi era un bel ragazzo, vagamente somigliante a Rob Lowe da giovane, e le donne non gli erano mai mancate, mentre Fabio sembrava l’incrocio tra un giocatore di Rugby neo-zelandese e un tricheco un po’ sovrappeso. Che, diavolo, Elena stessa non poteva pretendere di stare con un modello: anche lei era un po’ sovrappeso, soprattutto sui fianchi e sui glutei, e da tempo non si curava più con la stessa attenzione che aveva avuto nei primi mesi del loro rapporto. Francesca, invece… Beh, era davvero un sogno di ragazza, alta, bionda, con luminosi occhi azzurri e curve tali da mettere a dura prova anche un asso della Formula Uno. Ogni volta che pensava al paragone Elena, in qualche modo, spariva dalla sua mente, per tornarci non appena ripensava a cose che trascendevano un po’ di più l’aspetto esteriore, come i ricordi, le esperienze, i lunghi viaggi d’estate, la breve convivenza che avevano provato (disastrosamente) insieme. La sua mente era simile a un vulcano che esploda al Polo Nord: ghiaccio che tenta disperatamente di sbollire e raffreddare il magma incandescente e lava rovente che lacerava gli iceberg spezzandoli con il proprio calore d’inferno. Una continua lotta che sembrava senza soluzione di continuità, senza scopo, senza vinti né vincitori.
Comunque, volente o nolente, doveva uscire da quello stato. Decise di lasciar perdere una volta per tutte Elena, con tutti i suoi casini mentali e le sue contraddizioni, e di andare da Francesca per sistemare le cose definitivamente.
Suonò il campanello con un certo nervosismo. Sapeva che Francesca non amava molto le improvvisate, ma contava di riuscire a riscattarsi in breve tempo, dopo averle detto che aveva intenzione di mettersi con lei stabilmente, senza altri ripensamenti o titubanze.
Francesca aprì la porta e sul suo volto si dipinse un’espressione di sorpresa, non senza una nota di cordialità.
-Luigi! Ciao, che bella sorpresa!
-Stai bene? - Chiese lui con fare scherzoso.
-Sì, certo! Come va? Tutto a posto? Com’è andata poi, con quel cinese.
“Ma si sono messe d’accordo ‘ste due?” pensò, mentre entrava nell’appartamento che Francesca divideva con una sua amica.
-Bene, bene… Mi ha dato qualcosa per calmarmi e per farmi passare un po’ la depressione. Ma non è per questo che sono venuto qui. Ecco, io… Volevo parlarti.
-Sì? Bene. Siediti, dai, raccontami tutto.
-Beh, vedi Francesca, - disse Luigi mentre si sedeva accanto a lei sul divano del soggiorno - volevo dirti che… Insomma… Oh, al diavolo. Ho fatto le prove persino in ascensore e adesso non riesco a trovare le parole.
-Calmati… Prendi un po’ di quella roba che ti ha dato quel cinese e rilassati, così poi le parole ti vengono! - disse lei ridendo.
-Sì, beh, forse non è il caso, dopotutto. - tirò un forte sospiro, quindi cominciò a parlare - Vedi, la storia con Elena è finita per sempre. Ho deciso di dare un taglio netto a quella situazione e sono venuto qui perché vorrei provare a stare con te in modo più serio. C’è stato qualcosa di molto bello fra di noi, in questi mesi e… Beh, credo che varrebbe la pena tentare.
Il silenzio di Francesca non gli sembrò un buon segno.
-Beh, cosa c’è? Dimmi qualcosa! Credevo che fossi contenta!
-Ecco, Luigi. Il fatto è che ho risentito Silvio.
-Cosa? Dopo sei mesi di silenzio stampa ha deciso proprio adesso di richiamarti?
-A quanto pare. Mi ha telefonato due giorni fa. Abbiamo parlato a lungo al telefono e credo che si sia veramente pentito di quello che è successo. Forse dovrei dargli un’altra possibilità.
-Sicuro, come no!? Perché non mi mandi un biglietto con l’invito alla cerimonia, così so quando non mi devo presentare.
-Sei cattivo a parlarmi così.
-E lui, a piantarti in asso praticamente davanti all’altare, invece è Madre Teresa di Calcutta, giusto? Cristo, sembri uscita da una canzone di Elio e le Storie Tese.
-Una canzone di chi? - E Luigi realizzò improvvisamente che con Francesca non avrebbe funzionato.
-Lascia perdere, roba troppo intellettuale per te. Così, dopo sei mesi che ti faccio da spalla su cui piangere mi dai il benservito da uno che ha fatto piangere tua madre per due settimane. Complimenti per l’acume.
-Ti ho detto di piantarla.
-No, non l’hai detto. Hai detto che ero cattivo, ed è esattamente così che mi sento. Cattivo.
-Beh, allora puoi anche andartene. Apprezzo quello che hai fatto per me e non nego che la tua proposta sia lusinghiera e tentatrice. Ma non posso ricominciare da zero senza essere sicura che con Silvio sia davvero finita.
-Cosa vuoi, come prova? Delle foto che lo ritraggono mentre si fa tua sorella? Magari con lei vestita da Cappuccetto Rosso e lui da Lupo Cattivo?
-La tua ironia sta facendo progressi.
-Di pari passo con il tuo masochismo.
-Anch’io ho fatto delle cose per te.
-Certo! È esattamente per questo che pensavo che sarebbe stato bello insieme. Ma evidentemente tu non sei ancora pronta per un rapporto adulto e maturo.
-AH! Saresti tu, quello adulto e maturo? Lo stesso Luigi che si trascina dietro da tre anni un tira e molla continuo con una che gli mette le corna a ogni pie’ sospinto?
-Penso proprio che questa discussione sia terminata. - disse Luigi alzandosi e dirigendosi verso la porta.
-Lo vedi? Lo vedi? Non è finita con Elena! Altrimenti non te la prenderesti così, non reagiresti in questo modo.
-Ma vaffanculo, Francesca. Può essere finita quanto vuoi, non è un buon motivo per tirare colpi bassi e rigirare il coltello nella piaga. Se io volessi - disse stringendo nel pugno, dentro la tasca della giacca, il sacchettino con l’infuso magico - tu cambieresti idea anche ora, e ti metteresti con me con un entusiasmo che non hai mai conosciuto in vita tua.
-Davvero? Beh, allora probabilmente non lo vuoi, dato che non sento di star cambiando idea da un momento all’altro.
-Già, proprio così. Non lo voglio. Addio, Francesca. E quando sarai sul sagrato ad aspettare la macchina da due o tre ore, non chiamarmi più. Trovati un altro a cui raccontare le tue tristi storie patetiche.
Luigi se ne andò sbattendo la porta, felice, se non altro, di aver avuto l’ultima parole e di aver fatto un’uscita se non proprio di classe, almeno sicuramente a effetto.

Camminava stancamente, quasi trascinando i piedi, per le strade insonnolite e intirizzite della città. Grigio intorno a lui, grigio dentro. Non aveva nemmeno più lacrime per autocommiserarsi, e si limitava a osservare con falsa attenzione i lastroni del marciapiede, come se fosse l’unica cosa che gli era rimasta da fare. Poi, ad un tratto, vide un biglietto da diecimila lire nascosto sotto un sacchetto dell’immondizia. Cazzo, avrebbe puzzato, ma erano pur sempre soldi! “Sì, soldi sporchi!”, pensò, ridendo fra sé e sé.
Li raccolse e si diresse verso un camion-chiosco che vendeva panini alla porchetta e altre schifezze simili, che soltanto extracomunitari, metronotte, puttane e ragazzotti figli di papà impasticcati appena usciti dalle discoteche potevano trangugiare pretendendo che fossero buone. Una cosa, forse, si salvava: il panino con wurstel e crauti, se lo si affogava adeguatamente con un po’ di senape.
Ordinò il panino e una bottiglia di Pepsi, e mentre aspettava l’ordinazione e vedeva la sua immagine e quella dei pochi altri avventori riflessa sul vetro inclinato sotto l’insegna, improvvisamente capì.

Luigi fece cadere con molta attenzione tutto il contenuto del sacchetto nel bicchiere, seduto di fronte alla persona che aveva scelto. Mescolò il tutto con il dito, facendo attenzione che non rimanesse il benché minimo rimasuglio sul fondo. Si stupì un po’ vedendo che la mistura cominciava a emettere un curioso fumo verdognolo. “Cavoli,” - pensò - “dev’essere proprio magico, questo filtro.”
Poi, mentre si portava il bicchiere alla bocca, si fermò a osservare, per l’ultima volta, la sua stessa espressione, di fronte allo specchio della scrivania di camera sua, che da quella sera in poi non sarebbe stata più la stessa.

Posted in Racconti

Leave a Comment

Please note: Comment moderation is enabled and may delay your comment. There is no need to resubmit your comment.

 
© 2000-2008 Abietti si Nasce Powered by Wordpress - ASN Theme by abietto based on the Minami theme.