Prendimi l’Anima

February 16th, 2003 by Reckall

Anima e animus

La locandina del filmIl contenuto del nuovo film di Faenza è ormai così noto a tutti che i poveri Jung e Freud si staranno rivoltando nella tomba, considerando i loro comprensibili sforzi per tenere nascosti gli eventi :o)
Nel 1904 al giovane dottor Jung (Iain Glen), non ancora “Junghiano”, ma ancora legato a Freud, viene affidata una giovane paziente ebrea di origine russa, Sabina Spielrein (Emilia Fox), sofferente di “isteria e nevrosi”. Per Jung è la prima seria occasione di applicare il “nuovo” metodo psicanalitico che lui e Freud stanno sviluppando. Ma poi accade qualcosa di inaspettato: dapprima Sabina si innamora di Jung, e poi lui, come trascinato in un gorgo inatteso, la ricambia (pur essendo sposato), dando inizio a una relazione che rischia di provocare uno scandalo intorno alla “nuova scienza”. Alla fine Jung e Sabina si lasciano, la ragazza completa la sua cura presso Freud, torna in Russia e diventa ella stessa una delle pioniere dell’analisi applicata ai bambini - solo per vedere dapprima il suo lavoro represso dallo stalinismo e quindi la sua stessa vita terminare a causa della sua origine ebrea, in seguito all’invasione tedesca.

“Analizzare” (pun unintended ^_^) una pellicola come “Prendimi l’Anima” non è semplice. Il film, a mio avviso, ha due problemi. Il primo è che la pellicola non sembra decidersi se raccontare la prima parte o la seconda. Appare ovvio, almeno a me, che la relazione tra Jung e Sabina era MOLTO più interessante della didascalica e INCREDIBILMENTE PREVEDIBILE narrazione di cosa accadde alla ragazza dopo il suo ritorno in Russia (tra l’altro i documenti ritrovati negli anni ‘70 avrebbero permesso una descrizione più estesa e corposa del rapporto tra i due - descrizione che a mio avviso sarebbe stata resa ancora più interessante dal coinvolgimento di Freud - magari interpretato da Alan Arkin ^_^).

Emilia Fox nei panni di Sabina SpielreinAddirittura, il perdersi dietro le vicende di Sabina in Russia non lascia neppure lo spazio per farci comprendere esattamente *quali* fossero le cause delle sue nevrosi (se non vaghi riferimenti ai suoi rapporti familiari) e soprattutto *come* prima Jung e poi Freud definitivamente la curarono - saltando invece di un botto da una Sabina ancora palesemente malata che fa interessanti discorsi sulla vita su Marte, a una pimpante Sabina “ormai guarita” e fin troppo piena di vitalità. La parte della decodifica del suo malessere interno e del suo cammino verso la guarigione che sarebbe stata certamente tra le piu’ interessanti del film. (Visto che ultimamente se ne è parlato molto, si tratta di ciò che, per esempio, Tolkien fa magnificamente in una singola pagina de Il Signore degli Anelli, nei due dialoghi in cui il personaggio di Faramir riesce a portare alla luce di Éowyn il profondo “male oscuro” della ragazza).

Il secondo problema, e qui spero di non rendermi inviso implicando cose che non intendo, è che si tratta in parte di un film per “iniziati” - ovvero di un film non pienamente comprensibile a chi non ha almeno un’infarinatura del pensiero Junghiano.
Jung, nel punto centrale del film, regala a Sabina la sua Anima. Nel pensiero Junghiano, l’”Anima” è la parte femminile della psiche maschile - una parte che l’uomo deve raggiungere se vorrà avere un rapporto pieno, completo e sensibile con l’altro sesso (nella donna la controparte maschile viene chiamata “Animus”). Tale raggiungimento, però, talvolta è lungo, doloroso e pieno di insidie e false illusioni. L’”Anima può essere incarnata sia in un’ideale immaginario sia in una donna reale, e a questo punto possono accadere due cose: o essa diventa una “musa” (amore idealizzato), e il cammino di raggiungimento ha come “sottoprodotto” la creatività (come Laura per Petrarca - ovvero il tentativo di incarnazione attraverso l’arte) oppure scoppia un amore reale che però amore non è, ma solo il desiderio di raggiungere “l’altro sé” prima di essere infine pronti per il vero amore.

Jung e la Spielrein nell'ospedaleCosa sottende questa parte del film, che Sabina era in verità l’”Anima” di Jung e Jung l’”Animus” di Sabina? Vari indizi lo fanno pensare: Sabina, staccatasi da Jung, ne rimane amica, si sposa poco tempo dopo, ha una figlia, e diventa molto “junghiana” nel suo aprire l’Asilo Bianco in Russia. Il film, purtroppo, taglia sulle conseguenze su Jung (inciso: tra l’altro non mostrandoci chiaramente come egli “guarì” e risolse il suo rapporto con Sabina, e lasciandolo così come “lo stronzo” - fatto che lascia saldamente incomprensibile perché Sabina gli rimase amica). Sappiamo però che la moglie lo perdonò, e che egli visse in seguito una vita affettiva felice nella quale l’arte e l’interpretazione della stessa (base del meccanismo di “proiezione” per cui la nostra interpretazione dell’oggetto in realtà parla di noi, e scena nel film molto “sabinesca”) entrarono sempre di più.

Tutta questa possibile chiave di lettura del film, sia che sia vera, sia che me la sia immaginata io, inevitabilmente però sfugge a chi appunto non conosce almeno le basi del pensiero di Jung. Diventa quindi facile cogliere di Prendimi l’Anima solo la superficialità di un melodrammone di miglior collocazione televisiva che pare parlare solo di un medico che si innamora della sua paziente - in una versione laica del Padre Ralph di Uccelli di Rovo. Una mia amica, un po’ altezzosa e armata delle sue tre lauree, su questo punto ha scrollato le spalle commentando: “Beh, certo, il popolino rischia di cogliere solo questo”, ma io non sono affatto d’accordo: mentre sono il primo a oppormi a quei film che paiono strangolarsi nel tentativo di “spiegare la spiegazione”, un film o qualsiasi altra opera dovrebbe comunque sempre contenere tutti gli elementi necessari da permettere a chiunque di coglierne i significati più importanti (magari anche dopo parecchia riflessione e commenti con gli amici - vedi Memento o Arancia Meccanica) - senza che lo spettatore medio debba vergognarsi per non essere in possesso di una laurea. E questo, purtroppo, la pellicola di Faenza non lo fa.

Ciò conduce anche a un’altra osservazione, paradossale ma vera: siamo nel 1904, la psicanalisi era agli inizi, tutto era sperimentale. I pericoli di un metodo che consisteva nell’entrare in intimo contatto con il paziente non erano completamente noti - e in verità furono incidenti come questi a renderli noti! In sintesi, sia Sabina che Jung erano “soli”: vessata da metodi di cura “tradizionali” lei, incapace di capire cosa gli stava accadendo e - soprattutto - senza nessuno a cui rivolgersi, lui. Può sembrare una battuta, ma era una triste realtà: Jung non poteva andare dall’analista, (e il film tra le altre cose omette purtroppo le sue incertezze nel rivolgersi a Freud, per timore di perdere il proprio status di “pupillo”, cosi’ come omette lo sforzo quasi cinico di Freud di soffocare lo scandalo per non compromettere la validità della nascente scienza psicoanalitica, oltre che l’immagine del suo protetto). Lasciando nel vago anche questo aspetto del problema, Faenza a mio avviso non fa altro che rafforzare l’immagine dell’irresponsabile stronzaggine di Jung (il significato di una delle frasi per me più belle di tutto il film, Jung che, nel chiedere a Sabina di interrompere la relazione dice “Io ti ho compresa nella tua malattia… Ti prego, ora comprendi me nella mia…” risulta così avulsa dal contesto costruito intorno da parere null’altro che il classico piagnucolamento di serie B della consueta soap-opera preserale).

Un’ultima parola sugli attori principali: li ho trovati tutti e due davvero bravi, tranne in quelle parti (inutili) in cui il regista li costringe a calcare un po’ sul melodramma (vedi la sceneggiata a teatro o le shakespeariane martellate sul kranio della statua). Che Iain Glen sia il figaccione di Tomb Raider pare incredibile, ma è così, e mi sembra che incarni bene una delle poche descrizioni che conosco di Jung “un uomo non bello, ma molto interessante, molto affascinante, e in fondo molto timido”.

In definitiva, Prendimi l’Anima è un film con alti e bassi, con gli alti che meritano di essere visti, e fanno in parte perdonare i bassi. Ma, una volta di più, una focalizzazione totale su Jung e Sabina, accompagnata da una maggiore esplicitazione dei sottintesi del film avrebbe prodotto un’opera a mio avviso davvero MOLTO più interessante - e in questo Prendimi l’Anima dà la sensazione finale di una terapia purtroppo interrotta a metà.

P.S. Noterete che nella rece non ho accennato alla vicenda contemporanea che fa da cornice al film. L’ho trovata così inutile che non l’ho neppure considerata. Ha più, nella seconda parte, la funzione di raccontare cosa accadde a Sabina in Russia attraverso le memorie dell’anziano ex-allievo della ragazza. Forse Faenza non ha voluto rinunciare a questa parte perché rispecchia le *sue* personali ricerche sulla vicenda, che sono state lunghe e laboriose, ma nell’economia del film sarebbe bastato un cartello alla fine con il racconto degli ultimi eventi in Russia di Sabina - e ciò avrebbe concesso parecchio più spazio a tutte quelle cose interessanti che sono rimaste nella penna.

DUE NOTE NON MOLTO ATTINENTI E SALTABILI SENZA PROBLEMI

Un’altra cosa che mi ha dato fastidio è che a tratti il film cade un po’nell’errore di voler mostrare come tutti gli aspetti chiave della vita di un personaggio famoso possano essere ricondotti a un unico evento. Per esempio, Sabina a un certo punto parla di “Alchimia”, ma Jung iniziò a interessarsi a questa “pseudoscienza” solo molto più tardi, e per cause molto diverse. Anche elementi come la “proiezione”, sono comunque posteriori al 1904 nel pensiero Junghiano - almeno nei testi pubblicati. Ma qui potremmo accettare la licenza poetica che tutto iniziò “per quella scena davanti al quadro” che Jung ebbe in gioventu’ :o)Sabina SpielreinInoltre, per quanto ne so, Jung non aveva poteri extrasensoriali! Nella tesi di dottorato (citata anche nel film) Jung si occupa di “Patologia e Psichiatria dei Cosiddetti Fenomeni Occulti” (1) ma limitandosi ai problemi strettamente patologici che possono dare origine a fenomeni simili a quelli descritti dalle scienze occulte - e alla fine della tesi ammonisce come tali fenomeni non debbano essere scartati a priori, ma considerati per la loro importanza da un punto di vista *medico* (fatto che nel film omette a Sabina, lasciandole credere che il suo interesse era per un sovrannaturale “genuino”). L’unico momento, per quella che è la mia conoscenza dei suoi testi, in cui realmente sfiora il sovrannaturale è l’idea che l’Inconscio, nei sogni che precedono la morte del corpo, prepari l’uomo a una sorta di “passaggio” verso “qualcos’altro”, ovvero che alla morte del copro non corrisponda la fine dell’esistenza (2). Anche Freud riconosceva il contenuto di tali sogni, ma lo attribuiva a un fatuo “desiderio” di immortalità dell’uomo che veniva quindi incarnato nel sogno. Secondo Jung, invece, l’inconscio non mente, e quindi tale passaggio è reale. Ciò porta Jung sulla soglia di un mistero che va al di là del mondo sensibile, soglia sulla quale, però, egli alla fine volontariamente si ferma.

(1) In C.G. Jung - Studi Psichiatrici - Opere vol. 1 - Ed. Bollati Boringhieri.
(2) M.L. von Franz - La Morte e i Sogni - Ed. Bollati Boringhieri.

Posted in Recensioni di Film

Scheda

Titolo: Prendimi l'Anima
Regia: Roberto Faenza
Cast: Iain Glen, Emilia Fox, Caroline Ducey…
Soggetto: 70%
Sceneggiatura: 80%
Interesse: 80%
Complessivo: 75%
 

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